Con l’avvento della rete tutto è diventato molto più rapido. Questo a una prima occhiata potrebbe far pensare che si abbia più tempo “libero”, che si possa stare più tranquilli nell’usare un po’ del tempo di chi ci ascolta, ma non è così: più cose si possono fare in pochi secondi, più quei pochi secondi diventano preziosi e questo vale per noi ma anche per i destinatari dei nostri messaggi. Per questa ragione, gli spot pubblicitari e tutto ciò che interrompe le attività in corso è visto dalle persone come molto più fastidioso che in passato: prima erano le “regole del gioco”, ogni tanto una pubblicità, ma oggi essere bloccati per pochi secondi mentre ci si informa o ci si svaga è percepito come molto sgradevole.
Il marketing ha già trovato da tempo una via d’uscita efficace: il permission marketing. Reso famoso con questo nome da Seth Godin, celebre marketer, nel suo libro “Permission Marketing. Trasformare gli estranei in amici e gli amici in clienti”, il permission marketing non è altro che l’invio di messaggi pubblicitari soltanto con il permesso dei potenziali clienti. Anche se può sembrare strano che un consumatore si sottoponga volontariamente alla pubblicità, questo è in realtà il modo di assicurarsi:
- Di star parlando a qualcuno che vuole sentire cosa diciamo, quindi qualcuno che più facilmente andrà a conversione;
- Di personalizzare il messaggio grazie alle preferenze che l’utente avrà definito in fase di consenso o in base a una profilazione;
- Di essere trasparenti con chi riceverà la nostra pubblicità, cosa che contribuirà a costruire un rapporto di fiducia e di rispetto;
- Di non sprecare risorse in campagne a tappeto che andrebbero prevalentemente a vuoto e che, con buona probabilità, saranno vissute come intromissioni moleste anche dai destinatari giusti.
È il caso delle newsletter, delle notifiche accettate da app e siti web, ma non solo: si pensi al semplice seguire le pagine social, esponendosi così ai contenuti prodotti da un branda.
Sembra tutto molto conveniente ed efficace. La domanda centrale diventa quindi: come fare per avere dagli utenti questo permesso?
Ogni azienda sa (o dovrebbe sapere!) quale valore aggiunto alla vita dei suoi clienti è portato dai suoi prodotti. I consumatori accettano che un’azienda li contatti solo se ne traggono vantaggi reali, questo significa che i vantaggi devono essere non solo ben presenti (non basteranno codici sconto per indurre ad acquistare qualcosa che non si percepisce come utile) ma anche ben comunicati. Tutta la partita si gioca su questo: con così poco tempo a disposizione e con così tanti brand in cerca del permesso del consumatore, sarà il nostro a dovergli interessare. Buone idee per ottenere questo risultato sono l’utilizzo dei social network per individuare da subito chi ha interesse per il nostro tipo di prodotto, costruire mailing list grazie a form, sondaggi o moduli che possano distinguere in modo specifico i gruppi di nostri clienti e, naturalmente, mantenere i rapporti con i clienti raggiunti facendo nurturing con la giusta frequenza, i giusti contenuti e la giusta attenzione al cliente. È richiesta di conseguenza una strategia di content marketing, limitando i contenuti puramente promozionali e commerciali, ma anche il mostrare al singolo cliente che “ricordiamo” il suo compleanno e le ricorrenze per lui importanti.
Il permission marketing è quindi l’unico modello noto per raggiungere efficacemente l’attenzione del consumatore già sovrastimolata da un ambiente saturo di pubblicità e input di comunicazione visiva. Padroneggiarne i principi è essenziale per non veder cadere nel vuoto i propri sforzi e il proprio budget.
Se vuoi avventurarti in questo mondo, puoi rivolgerti a noi mostrare il valore del tuo brand ai tuoi futuri clienti e scegliere i giusti canali, messaggi e stili comunicativi. Contattaci e capiremo assieme qual è la giusta formula per piacere fin da subito al tuo target e avere il permesso di raccontargli la tua azienda!
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